Archive for the ‘Politics’ Category

Calenda o non

14 febbraio 2024

Negli ultimi anni un abbozzo di ispirazione liberale ha cominciato a prendere piede in Italia. Un’opzione che era fino ad una ventina d’anni fa fieramente difesa solo dai Radicali, mentre oggi la questione è un po’ più aperta, non foss’altro per una serie di condizioni talmente sconfortanti al contorno, da dare un’occasione anche a questa parte politica.

Devo aggiungere che non trovo preoccupante il fatto che questo spazio politico sia litigiosissimo.

La cosa che trovo davvero preoccupante è che oggi questo spazio sia attribuito di non più del 10%, mal contato.

No, per intenderci, in una politica italiana oggi dominata da una destra reazionaria che in altri tempi sarebbe stata nel sottoscala di Montecitorio, e una sinistra animata da un cupio dissolvi, sempre nell’eterna incertezza di cosa voglia dire davvero essere sinistra, tra inseguire una rivoluzione a titolo vario o cercare di far star meglio chi sta peggio. Tutto questo mentre continua ad imperversare un’entità politica, che non è ancora evidentemente stanca del male già arrecato, e vorrebbe terminare l’opera.

Il 10% mi preoccupa perché significa che il 90% di quelli che intendono andare a votare, pensano non sia un’opzione credibile. Meglio una destra neofascista, anche se da operetta, meglio un celodurismo leghista oramai scassatissimo da anni di corresponsabilità al potere per il potere, meglio un revanchismo comunista d’antan o un nientismo con al centro uno sberleffo.

Per non parlare di quelli che a votare neanche ci andranno sull’onda del “sono tutti uguali”. Meloni ringrazia.

Quindi: nel 10% (del 50%, chiaro) si litiga? E’ un problema, ma non è quello IL problema.

Semmai bisognerebbe chiedersi perché nel panorama di macerie comunque non si riesca a far arrivare il proprio messaggio. Sempre che sia rimasto qualcuno ad ascoltare, beninteso.

Sommi capi

22 agosto 2023

Eppure credo che non abbiamo capito.

L’inflazione, un male passeggero. La guerra, una follia di Putin, l’aumento dei prezzi di energia e materie prime essenziali, un disgraziato accidente.

Potrebbe essere così, però potrebbe anche essere, ed è ciò che penso, che in realtà gli eventi siano tutti legati tra loro, e tutti dipendenti da un argomento, che è un macigno del quale pochi sembrano comprendere l’impatto sulle nostre vite.

Ho idea, infatti, che l’attacco all’Ucraina da parte della Russia di Putin, abbia ragioni molto più profonde della risposta ai movimenti politici interni o a volontà imperialistica che, pur presente, non credo sufficiente ad imbarcarsi in un’avventura tanto dispendiosa quanto pericolosa.

C’è un tema di base: gli scontri nei prossimi anni avverranno sulla base del controllo di alimentazione (quindi acqua) e energia. La Russia è un Paese che mantiene il proprio equilibrio grazie all’esportazione di Gas e Petrolio, che nei prossimi anni verranno in gran parte soppiantati.

Cosa fare, quindi? Il Grano, l’acqua, queste sono le ricchezze che potrebbero dare alla Russia altri decenni di relativa stabilità economica.

E temo che l’incremento dei prezzi non sia relativo a semplici riposizionamenti geopolitici. Ma secondo me quello che abbiamo visto è solo l’avvisaglia di quanto avverrà nel futuro.

C’è un tema grande come una casa che rappresenta l’accesso primario alle risorse e – per quanto possa sembrare strano in un’epoca che si vuole dominata dalle nuove tecnologie – le risorse delle quali si parla sono fondamentalmente acqua, acqua, acqua. Acqua e derivati dall’acqua i beni primari alimentari, come il grano, appunto.

In questa luce la guerra in Ucraina è una guerra per una risorsa essenziale del prossimo futuro.

Siamo stati abituati ad un mondo nel quale l’accesso all’energia era tutto sommato a basso costo, ma con il cambiamento climatico è probabile che molte cose siano destinate a mutare.

Un filo unico lega il clima impazzito, la guerra, la crisi finanziaria.

Oggi vediamo l’Ucraina, ma il tema ambientale – insieme ad altri che finiranno per tenerci svegli la notte tra qualche tempo, come il riequilibrio est-ovest, e quello sud-nord (che spesso dimentichiamo) – sarà il perno attorno al quale si muoveranno tutti gli altri.

Aspettiamoci anche migrazioni di massa date dall’insopportabile aumento delle temperature o (che è lo stesso) per insufficienza di risorse idriche e alimentari, in un mondo che in maniera dissennata è destinato a raggiungere presto gli 8 miliardi di esseri umani, e il cocktail è completo.

L’estinzione della nostra specie, una delle possibili opzioni.

Poi chiamateli “Gretini”, se ce la fate.

Marco la differenza

22 agosto 2023

Alla personalizzazione della politica bisogna purtroppo abituarsi: non vedo alcuna prospettiva di cambiare questo che più di un obbligo sembra un destino, in una Società permeata dai Social network.

Si vive di opportunità, e questa credo sia una di quelle.

Cosa conta, alla fine? Fare un’elaboratissimo e finissimo piano per portare in Parlamento un numero in più, o lottare per portare in Parlamento i temi e le battaglie politiche di Marco Cappato?

Potete non essere d’accordo, ma se siete d’accordo non c’è tanta filosofia, solo Politica, di quella buona.

Guerra e pace

26 Maggio 2023

Il punto non credo sia sapere chi ha ragione.

Basta dirsi le cose senza reticenze, però. Il pacifismo di oggi lo capisco e lo ammiro se è un pacifismo militante, fatto di sacrificio personale, di impegno. Date le condizioni non lo condivido, ma lo capisco. Altrimenti, e lo dico – mi si scusi – anche con un certo senso di fastidio, è indistinguibile da altro: la stanchezza di “fare sacrifici”, il bisogno di sicurezza, tutte cose accettabili ma che andrebbero raccordate con la durezza della realtà, che continua la sua traiettoria, che siamo o no consapevoli, coerenti o stanchi.

Ancora più odioso trovo il nascondersi dietro al “benaltrismo”. Cercare di uscirsene con il colpo di genio che addirittura ha due livelli di infingimento, ma nasconde sempre gli stessi motivi dietro, con la doppia ipocrisia come aggravante. Proteggendosi dietro lo schermo del tutti stupidi o viziati dai media servi.

I media sono servi sì, ma servi in primo luogo degli spettatori. Se questi sono interessati a conoscere quanto ad una bastonata sulle dita dei piedi, e in luogo di questo preferiscono vedere il sangue scorrere meglio se accompagnato da urla e improperi, a cosa serve la realtà, se non come sfondo, come canovaccio dove i personaggi più inquietanti e stravaganti sono quelli che daranno più ragionevole sollazzo? Pensate siano passati molti secoli da quando la plebe romana anelava agli sgozzamenti, ma è solo ieri.

Se – quindi – capisco l’atteggiamento di un pacifista convinto che combatte per la fine di tutte le guerre, non riesco proprio a capire la logica di chi dice (andiamo sul pratico) basta supportare l’Ucraina. Posto che uno non deve essere solidale per forza con l’aggredito, non capisco proprio quale sia lo sbocco atteso. Che una volta presa tutta l’Ucraina (perché è evidente che questo accadrebbe), la questione sarebbe chiusa e potremmo tornare ognuno alle proprie occupazioni abituali, quali accogliere schiere di miliardari russi?

Ciò che manca è proprio il ragionamento sul dopo. Che facciamo, poi, tutto a posto? Sembrate tanto interessati alla vita che conducete, da non accettare la minima perturbazione, e poi un attacco concentrico a quel modello sociale e cultuerale che – con tutti i suoi limiti – vi permette quello stile di vita e quelle vostre abitudini, lo accettate senza discutere. Ma certo, infatti chi se ne frega se un modello alternativo – autoritario forse manco vi interessa – dovesse incombere. Voi avete il vostro orticello e pensate che nessuno ve lo tocchi. Oltre che incoerenti, illusi. Davvero pensate che tutto si realizza sempre a spese di altri? Che il vostro benessere non fa gola, e non per motivi di condivisione, ad altri?

Accetterei un ben più rischioso “me ne frego, che siano altri a fare i sacrifici che chiedete a me, ci sarà sempre qualcuno che interverrà in mia vece per permettermi di continuare a campar tranquillo”.

Sarebbe, se non altro, sincero. E – da certi punti di vista – anche se putrescenti, inattaccabile.

https://www.stradeonline.it/diritto-e-liberta/4695-osijek-1991-in-una-foto-la-differenza-tra-nonviolenza-e-pacifismo#

Marco Pannella e Olivier Dupuis in Croazia, nel 1991

I titoli giusti

3 Maggio 2023

Da tempo mi chiedo quale dovrebbe essere l’atteggiamento migliore per una forza autenticamente liberale, di ispirazione libertaria, per riuscire ad essere vincente in termini elettorali.

Pannella attribuiva gran parte delle responsabilità dell’insuccesso di tutte le varie incarnazioni Radicali nella mancanza di informazione obiettiva. Il diritto alla conoscenza come diritto essenziale, ricordate?

Ecco, a me questo ragionamento non mi ha mai convinto. Perché – per carità – è vero, e io stesso constato un po’ perplesso, veramente, quanto conti lo spazio sui media per regolare e indirizzare le scelte dei cittadini a tutti i livelli (intendo, dal tipo di spazzolino alla politica).

E però non credo che la questione sia solo quella. Sicuramente per una percentuale grande è così, ma resterebbe comunque un gran spazio di manovra, se la questione si esaurisse lì.

Si parla ovviamente dello spazio delle destre nel Paese. Ma non fermiamoci qua. In realtà un certo tipo di racconto è stato negli anni comune a destre e sinistre. Un racconto che ha fatto della concorrenza (anche riportata come globalizzazione) l’obiettivo di tutti gli strali da trent’anni a questa parte.

I problemi legati alla mancanza di lavoro? La globalizzazione. I salari bassi? Globalizzazione e concorrenza. La perdita di potere di acquisto? vedi sopra.

Ovviamente se andiamo ad esplodere i termini in concetti, ci si accorge della proterva bugia. Ma il punto qui non è neanche questo.

Avete presente quello che è avvenuto con l’immigrazione? Prendi un problema che non è un problema (se lo gestisci come va fatto), e lasci che si incancrenisca (e questo fatto anche da sinistra, con la scusa che certe decisioni non sarebbero state politicamente percorribili), e ti risvegli un giorno che una parte politica fa della risoluzione di quel problema (che ricordiamolo problema non era) il suo motivo d’esistenza.

E facciamo che a questo unisca un altro racconto che è tale e quale a quello raccontato dalla sinistra.

Che ottieni? Ottieni che adesso la gente pensa davvero che gli immigrati siano un problema e non – banalmente – una realtà, e che la concorrenza sia contro gli interessi dei poveri.

Per far questo hanno anche concordato (destra e sinistra, evidente) che in questi ultimi trent’anni siamo stati soggiogati dalla concorrenza, che infatti ha provocato tutti i macelli che ci si parano davanti ogni giorno.

Per far questo mi pare ovviamente che hai dovuto fare a pugni con l’evidenza, ma quanto conta l’evidenza oggi? Sicuramente meno di una buona story su Instagram.

Ora, torniamo alla domanda iniziale: fatto salvo il fatto che una parte importante dell’elettorato viene indirizzato a dovere da forme di pubblicità più o meno occulta, o si informa da fonti già schierate (anche qui in maniera più o meno occulta), quale spazio di manovra ha una parte politica che intendesse smascherare queste bugie?

La risposta ce l’ho io: nessuna.

Questo perché questo falso racconto è diventato semantica della comunicazione politica.

Chi non si adegua semplicemente non esiste. Cioè non esisterebbe comunque, ma in più ciò che dice non viene compreso (ie: non è intellegibile). Un cittadino normale se sente parlare un radicale di una qualsiasi tribù (si sa che le cose quando si avvicinano all’estinzione, si separano in mille rivoli spesso litigiosissimi), pensa sia uno stralunato o appena atterrato da Marte.

Così anche di me, oggi, penserete lo stesso.

E chiuderete questo post dicendovi “questo ha dato di matto”. Perché lo sanno tutti che gli immigrati sono tutti delinquenti, e ci rubano il lavoro che comunque non c’è perché questa maledetta globalizzazione ci ha fatto diventare tutti più vecchi e anche – se posso permettermi – parecchio più stronzi. E in questo almeno, lo devo ammettere, siamo concorrenziali.

Complimenti, Ministro

3 marzo 2023

Un ottimo lavoro, anzi una promessa mantenuta.

Sbaglia chi dice che il Ministro Piantedosi sia inadeguato allo scopo. E’ vero l’esatto contrario.

O meglio, chi dice così, parte dall’assunto che il dovere di un Ministro dell’Interno sia di gestire nella maniera più logica e conveniente ogni crisi che riguardi la sicurezza all’interno dei confini. Comprendendo anche in questa responsabilità – evidentemente – i disgraziati che si trovino all’interno dei disgraziatissimi confini (anche marini) di questo vieppiù disgraziatissimo Paese.

Ma infatti è tale la fallacia di questa impostazione, che Piantedosi ha subito messo in chiaro gli obiettivi dei quali la sua committenza politica l’ha caricato ad inizio mandato: limitare le partenze.

Ma – un povero Ministro dell’Interno – ha per l’appunto capacità – più o meno limitate – all’Interno del Paese e non certo sulle coste Turche o Tunisine o Libiche dove orde di aspiranti assaltatori del suolo patrio non attendono altro che imbarcarsi su poco più di zattere in pieno inverno, pur di raggiungere la casa di Piantedosi che immaginano rigogliosa, pia e felice come il suo viso così placido e disteso suggerisce.

E qui sta abilità e capacità decisionale del nostro Ministro dell’Interno.

Pensare – infatti – che la morte di persone nel mare che separa il nostro mondo (quello ricco e fortunato, lo ricordo semmai dovessimo essere troppo indaffarati ad occuparci di quota 102) da quello povero, sia un accidente occasionale è errato.

E’ invece il risultato di una strategia che è illogica in partenza, solo se si considera che l’obiettivo sia salvare più persone possibile dalle bombe, dai regimi o dalla morte per fame. Se si considera un siriano che scappa dalle bombe e da un regime sanguinario (lì i governi sono più o meno tutti regimi e più o meno sanguinari) un candidato alla protezione di rifugiato, perché diavolo dovrà arrivare sul suolo patrio con il barcone periclitante e non con l’aereo? Non è forse – e dico forse – che si rende complicato quello per costringerti a questo? E poi quando – irresponsabilmente – muori nel fare questo ti si rinfaccia – e giustamente, e finalmente qualcuno che l’ha detto chiaro e tondo – tanta avventatezza.

Stai a casa tua e muori con dignità. Che morire bagnati non è da uomini, perbacco.

Un grande successo del governo, cui adesso sono aperti altri scenari altrettanto allettanti come infestare di mine le coste patrie, così da dissuadere al meglio le partenze, affondare le navi delle ONG che tanto attirano i profughi in cerca di sollazzo, e cannoneggiare le coste turche libiche e tunisine per tenere i migranti lontani dai pericoli del mare.

Dove andremo a finire. E soprattutto come.

17 febbraio 2023

Affianco due prime pagine di qualche giorno fa. Stesso giorno, Paesi europei diversi.

Notate la differenza? Sì – va bene – ho scelto il Giornale, ma la situazione – più o meno – è la stessa su tutti i quotidiani. Immagino che i TG siano andati nello stesso modo.

Stracciamento di vesti, piagnoneria a mille. L’Europa brutta e cattiva.

Mettiamola così. Finito il dibattito (ed è un dibattito che va avanti da almeno 5 anni nelle opinioni pubbliche), il momento della decisione politica è già assorbito, altrove.

Da noi invece si parla di questi temi (come di tutto quello che non abbia impatto immediato o al massimo ad un mese di distanza), solo al momento dell’inevitabile ultimo passaggio. Quando è troppo tardi anche soltanto pensare.

Guardate, questo modo di essere e di fare politica mi è talmente lontano che neanche entro sulla questione più puramente politica (perché obbligarsi ad una riconversione con tempi così stretti, etc.).

Il fatto che è amaro ma mi sento di dirlo, è che siamo noi italiani così.

Quando un politico ci fa un discorso che va appena oltre la quotidianità, abbiamo un modo infallibile per non sentirlo più, e lo usiamo accidenti.

Dopodiché – quindi – non accetto discorsi del tipo “i politici sono tutti uguali”.

I Politici vendono esattamente la merda che noi volentieri mangiamo.

E quelli che cercano di proporci magari sempre merda ma di migliore qualità, li rifiutiamo schifati.

Con buona pace della BCE che ci vuol male (ma guarda, proprio noi, eh), e dell’Europa che decide di suicidarsi (o forse no, ma per noi contano solo i balneari e i tassisti).

Viva l’Ucraina, ma lontano da Sanremo

6 febbraio 2023

La decisione di non presentare a Sanremo il video di Zelensky mi ha tolto un peso.

Penserete che sia perché sono diventato improvvisamente filo-putinista?

Non proprio. Deriva da un’osservazione e da due constatazioni.

L’osservazione è che è meglio non invitare un ospite di riguardo ad un convegno di bifolchi.

Le constatazioni riguardano la RAI e il popolo italiano.

Ma le lascio all’immaginazione del lettore.

Cospito, e la differenza tra detenzione e tortura

1 febbraio 2023

Nei molti articoli di questi giorni su Cospito, con la maggior parte dei quali mi trovo d’accordo, l’incipit è equivalente al classico “mettere le mani avanti”: Cospito è un mascalzone, e ne ha fatte di cotte e di crude.

So perché un giornalista lo scrive, in parte lo capisco.

Ma questo voglio darlo per scontato, non parliamo delle colpe di una belva più o meno sanguinaria. C’è stato un processo (anzi più d’uno) e Cospito è stato trovato colpevole.

Dal 2012 è in carcere per i crimini che ha commesso.

Ora – posto che il carcere dovrebbe avere come fine la rieducazione e il reinserimento – capisco perfino che per un individuo pericoloso si debba ricorrere alla detenzione indeterminata (dovrebbe essere “finché sia pericoloso”).

Però mi chiedo: se uno Stato si sente costretto a creare un istituto che si chiama 41bis e che in buona sostanza consiste nel privare quell’individuo di qualsiasi tipo di contatto formale o informale con altri esseri umani, ivi compresi i carcerieri, cosa distingue questo Stato da un rapitore qualsiasi? Quanto deve sentirsi questo Stato insicuro dei suoi stessi metodi di detenzione, se necessita di un’assicurazione ulteriore (che consiste in un regime di vera e propria tortura), che l’individuo in questione non possa ancora disporre di una leva nei confronti di organizzazioni o individui esterni?

E’ vero che la misura fu creata dopo le stragi e in risposta a terrorismo e mafia. Ma come misura temporanea.

Quanto queste condizioni possono ragionevolmente essere necessarie a più di 10 anni dall’arresto?

Questa è vendetta, e vendetta di uno Stato che si sente implicitamente debole.

Questa è la mia opinione, che peraltro mi ricorda un caso simile

https://wordpress.com/post/diariomalfatto.wordpress.com/3509

Liberismo, questo sconosciuto

28 ottobre 2022

Sono sempre stupito di come le politiche degli ultimi vent’anni in Italia vengano etichettate da alcuni (molti, davvero) come “liberiste”. Ora – pensa te – io ho faticato a trovare occasioni di rallegrarmi per decisioni liberali, e alcuni (no pardon, i tanti di cui sopra) nello stesso periodo hanno trovato occasioni a iosa per scagliarsi contro il liberalismo anzi il turbo-liberismo sotto il cui tacco il nostro disgraziatissimo Paese sarebbe finito.

Forse le questioni cui si fa riferimento non sono relative a presunto o reale liberismo, ma a qualcos’altro?

Andando sul pratico, quali sono i fatti? Abbiamo sicuramente una pressione sui prezzi dei servizi, che a sua volta si ripercuote sui salari percepiti, abbiamo un problema di remunerazione e prospettiva per i giovani, abbiamo un problema grande come una casa sul mercato del lavoro, e abbiamo generalmente imprenditori spregiudicati nella gestione della forza lavoro, quando non veri e propri filibustieri.

Ah, vedete che allora forse ci intendiamo? Il punto è che voi chiamate questo liberismo…

Peccato che sia semmai l’opposto. Il liberismo punta a migliorare sia la qualità dei servizi, sia la qualità di vita dei dipendenti. E punta a questo non perché siamo tutti buoni e ci vogliamo bene. Il fatto è che i dipendenti sono anche consumatori, e i consumatori servono in relativa prosperità. Oh bella, e come si fa questo? E’ come il diavolo e l’acquasanta, vero?

Sapete come si chiama la magia? Concorrenza. La concorrenza è quella cosa che fa venire le bolle e il reflusso alla destra, e il reflusso e le bolle a sinistra.

Ci sono due possibilità: deve essere una cosa pessima o ottima, per risultare così indigesta sia al diavolo che all’acquasanta.

Partiamo da un’osservazione: oggi in Italia c’è concorrenza o moltissimi mercati sono monopolisti o al limite riservati a pochi? Se riconoscete che nel nostro Paese la concorrenza è vista come l’invitato molesto che si imbuca alle feste altrui, siamo già in sintonia.

Se pensate che invece ci sia concorrenza e che sia questa a causare i mali del mondo e in particolare del mondo italico, c’è bisogno di un ripasso al concetto di concorrenza.

Ma come agirebbe questa magia, qualora applicata? “A me hanno detto che i prezzi sono bassi perché c’è concorrenza, e che quindi i lavoratori sono pagati poco, per tenere bassi i prezzi”.

Bravi, infatti il problema in Italia è quello. Invece di agire su qualità ed efficienza, per rispondere al destino (che per definizione è cinico e baro), gli operatori italiani hanno trovato un unico modo di sopravvivere: sprezzare poggiando sullo sprezzo del lavoro.

Come dovrebbe un sistema essere regolato, allora? Dovrebbe esserci concorrenza sulla qualità, questo dovrebbe stimolare anche il mercato del lavoro che – così com’è – è asfittico se non completamente morto.

Lo stimolo dal lato della domanda di lavoro porta inevitabilmente ad un adeguamento dei salari.

Ora, tutto questo è teoria. Ma è anche pratica, di chi poi queste dinamiche è riuscito ad attivarle. Da noi la pratica invece racconta di un mercato del lavoro piatto, che si cerca di sovvenzionare, ma la realtà è che piatto è e piatto rimane. E dove non ci sono le sovvenzioni, scappa tutto in sommerso più che altro per cercare di sfuggire alle dinamiche di mercato per le quali molte aziende sarebbero già morte e sepolte.

Certo è che ho dubbi che la soluzione sia continuare a impiegare soldi della collettività per tenere in vita aziende fuori mercato o al limite della legalità.

Non c’è una ricetta miracolosa per passare da questo ad un mercato dinamico e aperto. Ma – visto che tutti ci lamentiamo delle stesse cose – i giovani che non trovano lavoro e se lo trovano è da fame, i maturi che perdono il lavoro e trovano solo l’albero a cui impiccarsi, le promesse false di anticipo delle pensioni pagate non si sa da chi, visto che nel 2050 ci saranno più anziani in pensione che gente al lavoro, credo dovremmo pure dirci che così non si possa andare avanti.

Altrimenti più che altro faremo dell'”avanti il prossimo” il nostro costume politico non solo per il presente ma anche per il futuro, e certo intanto i problemi non si risolveranno da soli tranne forse nel caso di una definitiva e non auspicata incocciata col muro della realtà.


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